L’evoluzione tecnologica e industriale ha portato molti benefici e vantaggi, lo sappiamo. Ma è altrettanto vero che le profonde trasformazioni dell’ambiente in cui viviamo ci hanno portato anche a cambiare il modo in cui mangiamo, e spesso a commettere gravi errori dell’alimentazione.
In particolare, l’introduzione dell’agricoltura e il passaggio da una vita da nomadi e cacciatori a quella di contadini stanziali, si è tradotto in un cambiamento radicale della nutrizione con impatti devastanti sulla salute umana. Ma quali sono questi errori?
Non che l’agricoltura e l’allevamento del bestiame siano dei mali in sé, intendiamoci. Ma lo diventano quando l’uomo arriva a commettere gravi errori dell’alimentazione: una nutrizione prevalentemente a base di latticini e cereali raffinati, zuccheri raffinati (saccarosio) e oli vegetali raffinati (margarina, olio di cottura, olio da condimento per insalate diverso dall’extravergine di oliva), mentre al contempo si riducono le ore di attività fisica tipiche invece di una vita nomade.
Non c’è niente di male ad introdurre nella propria alimentazione anche il latte o i latticini, in misura equilibrata e in quantità corrette, ma può peggiorare lo stato di salute quando questi alimenti costituiscono la base della nostra alimentazione e vanno a sostituire o ridurre drasticamente tutta una serie di altri alimenti benefici quali le verdure e i legumi, soprattutto, ma anche la frutta fresca, la frutta secca e i cereali integrali con la loro fibra molto salutare.
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La comodità di una alimentazione di tipo industriale basata su alimenti molto saporiti e gratificanti per il palato è un richiamo molto forte a cui è difficile sottrarsi. La speranza è che nonostante questo si possa ritornare ad un tipo di alimentazione più naturale basata in prevalenza sui cibi freschi e su piatti preparati in casa a partire da materie prime genuine non lavorate e non di tipo industriale.
Ad elencare i principali difetti dell’alimentazione moderna, ci ha pensato uno studio del 2005 riportato sulle pagine della prestigiosa rivista scientifica di Nutrizione American Journal of Clinical Nutrition.
Vi illustro questi difetti uno ad uno, sono sostanzialmente sette comportamenti alimentari errati.
La dieta moderna occidentale comporta una assunzione di sodio (sale) molto superiore a quella di potassio. Il sodio e il potassio devono mantenersi in un certo equilibrio nel nostro organismo, pena un peggioramento della salute quando il sodio prevale eccessivamente sul potassio. Il problema dell’eccesso di sodio nell’alimentazione è dato da una progressiva sostituzione di cibi ricchi di potassio con cibi poveri di questo minerale e ricchi invece di sale come i carboidrati raffinati, formaggi, cibi pronti industriali e ovviamente l’introduzione del sale da tavola. Complessivamente queste nuove abitudini hanno causato una riduzione del 400% del consumo di potassio e un pari aumento del sodio. Questa inversione dell’equilibrio sodio-potassio è stata correlata ad ipertensione, ictus, calcoli renali, osteoporosi, tumori gastrointestinali, asma e insonnia.
Vediamo degli esempi, in concreto, di alimenti eccessivamente ricchi di sodio (sale) e molto poveri di potassio: tutti i salumi e affettati, i formaggi, la pizza, i piatti pronti da scaldare al microonde, le salse come ketchup e maionese, il salmone affumicato, il pollo arrosto ecc., sono tutti alimenti che dovrebbero essere consumati più saltuariamente rispetto a come si consumano oggi. Mentre quelli ricchi di potassio, da assumere regolarmente, sono la frutta, la verdura, i legumi e la frutta secca (ricchissime di potassio sono le prugne secche, ad esempio).
Ogni alimento, dopo essere stato digerito, rilascia sostanze alcaline oppure acide nella circolazione sanguigna. Il nostro organismo ha bisogno di mantenere un equilibrio costante fra queste due sostanze e di mantenere un valore del PH sanguigno sempre ben bilanciato, al fine di preservare lo stato di salute generale. Uno sbilanciamento verso troppe sostanze acide o troppe sostanze alcaline porta a disfunzioni di salute. Dobbiamo stare attenti a cercare la giusta moderazione tra alimenti che portano ad acidificazione e alcalinizzazione nel corpo. Oggi la maggior parte dei cibi alcalinizzanti o neutri (legumi, verdure, frutta, noci, semi, tuberi, pesce, cereali integrali) sono spariti dalla nostra alimentazione per lasciare spazio a cibi acidificanti (alcolici, caffè, carne, latte, formaggi, bevande zuccherate, sale, cereali raffinati). Questo comporta per molti di noi uno stato di acidosi cronica che incide sulla perdita di tessuto muscolare, sull’osteoporosi, sui calcoli renali, sull’ipertensione e sull’insufficienza renale.
Chi segue una dieta che si basa molto su carne, latte, formaggi, sale, zucchero e cereali bianchi raffinati (non integrali), mangiando al contempo pochissima frutta, verdure, legumi, acqua (l’acqua è alcalinizzante per il corpo, gli alcolici e le bevande gassate commerciali invece acidificano), spinge l’organismo verso l’acidificazione. Mentre chi segue diete molte sbilanciate a favore di frutta e verdura, come i fruttariani o i vegani molto fanatici, spinge il corpo verso l’eccessiva alcalinizzazione, che reca danni alla salute al pari della troppa acidificazione.
Come sempre, anche in questo caso l’approccio migliore è quello che segue la regola in medio stat virtus.
Ai cibi raffinati viene tolta la fibra, che però ha un ruolo importante nella salute dell’apparato gastrointestinale. La fibra solubile, di cui sono ricche frutta e verdura, funge da tampone per l’assorbimento di zuccheri e grassi, riduce il colesterolo LDL e aumenta il colesterolo HDL, mentre la fibra insolubile, che si trova prevalentemente nei cereali integrali, serve ad ottimizzare il transito gastrointestinale e l’intero intestino.
L’assunzione di fibra rafforza il sistema immunitario dell’uomo:il 70% del sistema immunitario umano è collocato lungo tutto il tratto intestinale, e si basa sui batteri che compongono la flora batterica intestinale.
Una buona flora intestinale si forma anche grazie ad una assunzione quotidiana di fibre attraverso l’alimentazione, mentre la scarsità di questo nutriente nella dieta porta alla formazione di batteri intestinali patogeni che regolano male il sistema immunitario e lo penalizzano.
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La raffinazione e produzione industriale dei cibi li rende sostanzialmente privi delle concentrazioni di micronutrienti necessarie a garantire la salute. Nella preparazione dei cereali raffinati, per esempio, vengono eliminate quasi tutte le vitamine e i minerali. Secondo molti autori tra cui il professore di Biochimica e Biologia molecolare dell’Università della California Bruce Ames, nel mondo occidentale viviamo in una condizione di carenza cronica di vitamine e minerali, carenza che non è sufficiente a creare una vera e propria avitaminosi ma che incide negativamente sul nostro metabolismo e sulla funzionalità enzimatica. Questo, indirettamente, potrebbe essere alla base delle patologie cronico-degenerative così tristemente frequenti nei paesi sviluppati.
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Il cibo industriale, dunque, impoverisce gli alimenti di tanti nutrienti (in special modo di fibra, minerali e vitamine) e questo aspetto è alla base di molte patologie moderne come diabete, sindrome metabolica, ipertensione, malattie cardiovascolari, dislipidemie, sindrome dell’ovaio policistico, acne, gotta e alcune forme di tumore (colon, seno, prostata)
Diminuire il consumo di verdure, legumi e proteine a vantaggio dei carboidrati è un errore dell’alimentazione che ha variato la ripartizione dei macronutrienti. Le raccomandazioni in genere suggeriscono di limitare l’introito di grassi al 30%, mantenere le proteine al 15% ed aumentare i carboidrati al 55-60%. Questi valori, comprese le raccomandazioni, non hanno nessun fondamento scientifico-nutrizionale per noi abitanti del mondo moderno e tecnologizzato, in quanto si basano sulle esigenze nutrizionali delle società umane pre-industriali, in cui le persone erano sempre in movimento per tutta la giornata sia per motivi di lavoro che per la mancanza di mezzi di locomozione moderni.
Un agricoltore o contadino del 1800, ad esempio, passava le giornate nei campi a svolgere una mole enorme di lavoro fisico, consumando tantissime energie. Questi aveva in effetti un elevato fabbisogno di carboidrati nella sua alimentazione, ma oggigiorno questi livelli di attività fisica sono raggiunti solo da atleti e sportivi professionisti, non certamente dalla persona media sedentaria.
Le percentuali raccomandate nelle Linee Guida per la popolazione italiana andrebbero specificate meglio, non tanto nelle quantità ma piuttosto nella qualità degli alimenti.
C’è una bella differenza tra un 55-60% di carboidrati forniti da carboidrati raffinati e la stessa quantità fornita invece da verdure, legumi e carboidrati integrali.
La demonizzazione spesso eccessiva dei grassi ha comportato un altro tipico errore dell’alimentazione: un ridotto consumo dei “grassi buoni” e uno spostamento verso cibi a basso contenuto di grassi ma con zuccheri aggiunti. Un corretto consumo di grassi è invece essenziale per la salute umana, dimostrato scientificamente in una miriade di studi, in particolare in relazione alla assunzione di acidi grassi omega 3 con proprietà anti-infiammatorie, neuroprotettive per il cervello, cardioprotettive per il cuore e utili per la prevenzione contro le patologie cardiovascolari come l’aterosclerosi e l’infarto.
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Abbondare con il pesce e utilizzare 2 cucchiai al giorno di olio di semi di lino permette di assicurarsi l’introito adeguato di omega 3. I grassi omega-6 invece sono contenuti soprattutto in oli di semi, latticini, carni e insaccati. L’altro problema che riguarda i grassi è la massiccia introduzione nei cibi industriali di grassi idrogenati che non vengono metabolizzati dal corpo umano e hanno effetti davvero devastanti sull’organismo.
I grassi idrogenati sono una particolare tipologia di grassi alimentari, del tutto artificiali, che vengono creati con particolari processi di lavorazione degli alimenti. L’idrogenazione trasforma i grassi polinsaturi in altri tipi di grassi, i cosiddetti grassi trans, tra i maggiori responsabili di molte malattie, in particolar modo quelle cardiovascolari.
Elenco quelli più importanti: margarina, gelati industriali confezionati, prodotti da forno come brioches, biscotti, crackers e grissini industriali, merendine, patatine in busta, cibo da fast food, creme spalmabili e cioccolato preparato con grassi diversi dal burro di cacao.
L’eccessivo consumo di carboidrati raffinati (non integrali) e di zuccheri semplici porta ad un innalzamento del livello della glicemia nel sangue ed è correlato a molte patologie tra cui obesità, diabete, iperinsulinemia e resistenza insulinica, sindrome metabolica, ipertensione, malattie cardiovascolari, dislipidemie, sindrome dell’ovaio policistico, acne, gotta e varie forme di tumore (colon, seno, prostata ecc.). Il problema non è solo l’assunzione consapevole di zucchero, ma anche quella che avviene all’insaputa del consumatore. Lo zucchero è infatti aggiunto in moltissimi prodotti confezionati tra cui bibite, merendine, caramelle, condimenti pronti e persino nel salmone affumicato o nella senape.
Eliminare il consumo di zucchero e sostituire i carboidrati raffinati con quelli integrali è un passo decisivo per migliorare la nostra salute. A titolo orientativo e di consultazione una utile Tabella degli Indici Glicemici degli alimenti può essere visionata al seguente link:
http://www.sigi-europe.com/tabelle.asp
Gli errori comuni che abbiamo analizzato e riportato in questo articolo si registrano esclusivamente tra le popolazioni del mondo industrializzato e tecnologizzato. Occorre quindi chiedersi come mai questi veri e propri squilibri nutrizionali si sono affermati tra le nazioni più industrializzate e sedentarie. Tutti gli studiosi oggi concordano sul fatto che gli aspetti del progresso tecnologico e industriale e dell’aumento repentino ed esponenziale di molte patologie (tumori, diabete, obesità, malattie cardiovascolari, malattie autoimmuni ecc.) siano riconducibili ad un fenomeno chiamato discordanza evolutiva, una situazione in cui l’ambiente cambia a velocità molto superiore rispetto alle capacità di adattamento di una specie e questo diventa un problema.
Il progresso industriale e tecnologico (anche in campo alimentare) è stato talmente rapido e concentrato nell’arco di pochi decenni che il DNA umano non si è ancora adattato e forse non riuscirà mai ad adattarsi, dato che il mondo in cui viviamo oggi cambia in continuazione. Il nostro organismo non è “equipaggiato” in sostanza per digerire e assimilare i cibi moderni ed elaborati, molto diversi da quelli del passato che erano più genuini, freschi e naturali.
Il sistema agro-alimentare che oggi prevale, nei numeri, è quello industriale, ma sono sempre presenti e all’opera anche sistemi di produzione e approvvigionamento del cibo più tradizionali e a misura d’uomo. Occorre impegnarsi in prima persona per ritornare a comportamenti alimentari più consoni con la nostra natura e che favoriscono maggiormente la nostra salute.
Gianpaolo Usai è Educatore Alimentare. Tratta di queste e altre tematiche per il blog de L’Alveare che dice Sì e per Cibo Serio.
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Buongiorno Ho letto l’articolo e l’ho trovato veramente interessante ed utile a tutti specialmente alle persone che vogliono avere uno stile di vita sano. Grazie