A quanto pare l’Italia sarà il primo Paese in Europa a vietare le microplastiche nei cosmetici, a partire dal 2020, insieme ai cotton fioc non biodegradabili. Ottime notizie per l’ambiente!
Ma… cosa sono le microplastiche? E soprattutto: possiamo fare qualcosa per evitarle fin da subito?
Qui all’Alveare che dice sì siamo pieni di risorse. Umane, oltre che mangerecce. E oggi ad orientarci in un argomento che non è dei più semplici ci aiuta Alessandra Zaffiro, che da noi si occupa dei produttori, ma che si è laureata con una tesi proprio sulle microplastiche. Potevamo noi esimerci dallo sfruttare le sue conoscenze?
Giammai: sotto con le domande!
Sono particelle di plastica di dimensione inferiore a 5 millimetri, direttamente create dall’industria, come nel caso delle microsfere dei cosmetici, o che si originano dalla degradazione di solidi di grandezza maggiore.
Tra i rifiuti che sono presenti nei mari le microplastiche sono le particelle che causano più danni perché, date le dimensioni molto ridotte, vengono ingerite da molte specie in maniera accidentale o perché scambiate per prede, soprattutto per zooplancton. L’ingestione è spesso causa di morte.
L’impatto è anche chimico, poiché le microplastiche contengono gli additivi utilizzati nella produzione della plastica e hanno la capacità di assorbire gli inquinanti presenti nell’ambiente marino: queste particelle risultano essere un “cocktail di contaminanti” che possono essere rilasciati nei tessuti degli organismi dopo essere stati ingeriti.
Il numero di specie che ha avuto delle interazioni con la plastica si è duplicato dal 1997 a oggi, passando da 267 a 557 specie colpite, molte delle quali si trovano abitualmente sulle nostre tavole.
Le microplastiche sono polimeri sintetici che possono essere direttamente prodotti sotto forma di microplastiche ed utilizzati prevalentemente come esfolianti nei cosmetici, negli scrub e nei dentifrici o frammenti derivanti dalla disgregazione di rifiuti plastici di dimensioni maggiori come le fibre di poliestere, i sacchetti di plastica e le particelle di polistirene.
Un’importante fonte di rifiuti plastici nei mari sono poi le microperle, una sottoclasse delle microplastiche intenzionalmente aggiunte nei cosmetici.
Le microperle sono definite come ogni particella plastica intenzionalmente aggiunta in prodotti per la cura personale con una dimensione di 5 mm o inferiore, insolubile in acqua, usata per esfoliare o ripulire; di solito prodotte dal polietilene.
Le microplastiche si diffondono nell’ambiente e da lì entrano a far parte dell’alimentazione degli animali – e nostra, quando li mangiamo. Le caratteristiche fisiche e chimiche delle microplastiche, così come le dimensioni, ne facilitano la loro dispersione nell’ecosistema marino e per questo motivo sono onnipresenti nei mari, sotto la superficie ma anche sulle spiagge, nella colonna d’acqua e sul fondale marino. Da questo punto in poi diventano parte della catena alimentare. E nel momento in cui la fauna ingerisce questi composti, entra a contatto con molte sostanze inquinanti che sono fonte di disturbi all’apparato endocrino. L’ingestione può comportare l’accumulo di rifiuti nello stomaco e nell’intestino con conseguenze negative sull’apparato gastrointestinale e riproduttore, se non diventare causa diretta di morte.
(Leggi anche: Perturbatori endocrini: come evitarli?)
Le specie animali più studiate sono state fin’ora gli uccelli, le tartarughe e i mammiferi, e ora anche i pesci e gli invertebrati. È stato dimostrato che il 100% delle specie di tartarughe hanno ingerito plastica, seguite dal il 59% delle balene (47 su 80), il 40% degli uccelli (146 su 406) e il 36% delle foche (12 su 33). Gli animali possono ingerire microplastiche in maniera intenzionale o accidentale, perché ingeriscono, filtrano acqua contaminata o per ingestione secondaria. L’ingestione secondaria si verifica nel momento in cui un animale mangia organismi che hanno già assunto plastica, andando così a contribuire alla biomagnificazione, cioè all’accumulo di sostanze tossiche lungo la catena alimentare. Che nell’uomo trova il picco dell’accumulo.
Considerata l’onnipresenza delle microplastiche nei nostri mari il pericolo di consumare pesci contaminati è alto. Per evitare l’eccessiva assunzione di sostanze potenzialmente tossiche e fare delle scelte che portino benefici anche all’ambiente si possono seguire alcune linee guida:
(Leggi anche: Come pulire casa con soluzioni zero-waste)
E, ultimo ma non ultimo… Facciamo circolare queste informazioni!
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