È ormai una certezza: mangiare bene non è utile solo alle nostre papille e al nostro fisico. Se l’intestino lavora bene anche il nostro cervello ne beneficia.
Mangiare bene aiuta a pensare meglio?
Nel 2012, il Pentagono ha deciso di lanciare un programma di lotta alla depressione e ai suicidi dei veterani americani modificando il loro regime alimentare.
L’idea era quella di fargli consumare più Omega-3, sostanza ormai nota per la sua capacità di migliorare il funzionamento del cervello. In Australia e in Gran Bretagna, alcuni psicologi iniziano ormai le loro consulenze con un’intervista sulle abitudini alimentari dei loro pazienti.
Da una dozzina d’anni, svariate pubblicazioni scientifiche confermano l’esistenza di una relazione diretta tra intestino e cervello, ovvero tra un’alimentazione equilibrata e una buona salute mentale.
Un programma di ricerca europeo ribattezzato Moodfood (mix di mood e food, morale e cibo in inglese) ha raccolto e recensito numerosi studi su questo tema, mostrando in particolare che le persone che mangiano in modo più equilibrato sono meno colpite dalla depressione.
Al contrario, le persone che consumano regolarmente acidi grassi trans e grassi saturi – che si trovano nei cibi pronti, molto trasformati o fritti – sarebbero maggiormente esposti ad alcuni problemi mentali. Certo, il legame esatto tra questi fenomeni molto complessi deve essere ancora esplorato, in particolare perché i disturbi della salute mentale possono a loro volta modificare dei comportamenti alimentari.
Ma nel dubbio… occhio a quello che mettiamo nel piatto!
Per comprendere i principi di base delle interazioni tra cosa mangiamo e il benessere mentale, vi consigliamo di iniziare con il best-seller L’intestino felice in cui l’autrice Giulia Enders descrive l’influenza del nostro intestino sul nostro cervello – e viceversa.
La Enders descrive in modo molto affascinante l’intelligenza sconosciuta del nostro intestino, e ci avvisa che il nostro apparato digerente può influire sui nostri sentimenti e perfino sui nostri comportamenti e decisioni.
Ma niente paura – dice – abbiamo diritto alle eccezioni e a piaceri poco sani.
Mangiare un hamburger con contorno di patatine una volta ogni tanto non farebbe male poiché se normalmente mangiamo cibo sano e fresco a sufficienza, l’intestino riesce a tollerare lo sgarro molto bene.
Ma attenzione a che i pasti siano sempre consumati in momenti di calma, senza stress, senza tensioni, senza zapping da un canale tv all’altro e senza troppa velocità.
Ciò vale in modo particolare per i bambini piccoli, i cui due cervelli, quello della testa e quello del ventre, si sviluppano parallelamente, ma è molto utile anche per gli adulti.
Ora, bisogna entrare un po’ più nel gergo tecnico per comprendere ciò che succede quando le cose vanno male, a livello cerebrale e/o intestinale.
Per cercare di capirlo, alcuni ricercatori della Scuola Politecnica Federale di Zurigo e dell’Università di Losanna hanno nutrito dei topi adolescenti con quantità importanti di grassi saturi.
E hanno scoperto che questi topi, che erano nel periodo della loro vita in cui sviluppano la corteccia prefrontale, mostravano rapidamente dei disturbi cognitivi. I ricercatori temono che questi risultati siano associabili all’uomo e quindi che il consumo di prodotti trasformati e poco sani possa essere nocivo per la memoria, l’attenzione e le emozioni degli adolescenti.
Gli adulti poi non sono da meno. Nel 2015, dei ricercatori dell’unità NutriNeuro dell’Inra Bordeaux avevano già dimostrato dei disturbi simili anche negli animali adulti. Avevano riscontrato un’infiammazione di una parte del cervello, l’ippocampo, nei ratti che mangiavano male. E l’ippocampo è essenziale per la concentrazione e la memorizzazione.
Gli acidi grassi trans irrigidiscono la membrana dei neuroni e perturbano le comunicazioni tra le cellule e quindi il funzionamento del cervello.
Nel 2015, uno studio australiano ha misurato la taglia dell’ippocampo di più di 250 sessantenni. Questa ricerca ha constatato che chi ha un regime alimentare di minore qualità ha in media un ippocampo più piccolo.
Ma non è finita: altri fenomeni entrano nella complessa relazione intestino-cervello.
I prodotti grassi e zuccherati possono anche condurre il nostro organismo a produrre delle proteine chiamate citochine, che sono legate alla depressione. Interrogato da Slate, il ricercatore Florian Ferreri, psichiatra all’ospedale Saint-Antoine di Parigi ed autore del Regime anti-depressione, spiega che:
Gli acidi grassi trans irrigidiscono la membrana dei neuroni e perturbano le comunicazioni tra le cellule e quindi il funzionamento del cervello.
Detto questo, torniamo in cucina.
Come fare per innescare un circolo virtuoso tra il nostro intestino e il nostro cervello? Dei ricercatori hanno già tentato di spostare l’attenzione delle persone che soffrono di disturbi compulsivi dell’alimentazione verso attività che stimolino l’intelletto, ad esempio facendoli giocare a Tetris. La totale armonia, l’equilibrio perfetto tra intestino e cervello sembra comunque un orizzonte difficile da raggiungere.
Ma se la bacchetta magica non c’è, quello che possiamo fare a tavola è piuttosto facile e anche abbastanza ovvio: mangiare molta frutta e verdura e preferire alimenti freschi, di stagione, e di provenienza sicura, inserire nella dieta alimenti che contengano fibre, probiotici e prebiotici, ricordarci di bere molto e ricordarci sempre, quando acquistiamo cibi trasformati o conservati, di leggere bene le etichette.
L’intestino – e il cervello – stanno già ringraziando!
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