La riduzione degli imballaggi e della spazzatura che i prodotti confezionati ci fanno produrre in quantità è uno degli effetti collaterali più belli del Vivere senza supermercato: con enorme piacere per il mio portafoglio oltre che per il pianeta.
In questi giorni sono stati presentati i dati di uno studio dell’Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), sull’aumento record delle vendite di prodotti confezionati.
Numeri incredibili che, secondo Ismea, evidenziano la reazione dei consumatori all’introduzione per legge di sacchetti biodegradabili per gli acquisti di frutta e verdura a pagamento. In pochi mesi il peso dei prodotti confezionati di ortofrutta sul totale delle vendite del comparto è salito dal 29% del primo trimestre 2017 al 32% di oggi.
Il problema sarebbero i famosi 3 – 4 centesimi a sacchetto che il consumatore dovrebbe pagare alla cassa. Premesso che il Ministro della Salute aveva già stabilito la possibilità di portare da casa le proprie buste, davvero qualcuno pensa che il prodotto confezionato sia la soluzione?
In realtà, comprare sfuso non solo permette di risparmiare parecchi soldi (anche a fronte dei pochi centesimi del sacchetto), ma è utile per molte altre ragioni.
La prima ragione è economica: a parità di prodotto, quelli confezionati costano mediamente il 43% in più degli sfusi. È tantissimo!
Eh già! Ma prima semplicemente il costo era spalmato occultamente su quello dei prodotti acquistati. E, udite, udite: tutti gli imballaggi hanno un costo nascosto nel prezzo del prodotto!
ll costo ambientale degli imballaggi lo paghiamo quotidianamente e lo pagheranno carissimo le future generazioni.
Oltre la metà dello spazio della pattumiera nelle case è occupato da confezioni di prodotti (per lo più alimentari) che generano complessivamente 12 milioni di tonnellate di rifiuti: il 40 per cento della spazzatura che si produce ogni anno in Italia.
Secondo i recenti dati pubblicati dalla fondazione olandese Ocean Cleanup l’ammasso di rifiuti tra California e Hawaii ha raggiunto ormai le 80mila tonnellate. Ormai 5 «isole di plastica» galleggiano negli oceani: due nel Pacifico, due nell’Atlantico e una nell’oceano Indiano. E a chi pensa che la questione non ci riguardi da vicino è bene ricordare che anche il nostro Mar Mediterraneo non se la passa bene, anzi! La concentrazione dei rifiuti nelle acque nostrane è di gran lunga superiore a quelle oceaniche: l’hanno definita una di «zuppa» di plastica galleggiante e si trova proprio vicino alle coste italiane.
Nel processo di confezionamento degli alimenti si perdono molte proprietà nutritive. Basti pensare, per esempio, al processo a cui è sottoposta l’insalata in busta: un prelavaggio, un lavaggio, un risciacquo in acqua potabile e un lavoro di sanitizzazione nel quale viene utilizzato del cloro o simili.
A cui segue lo stoccaggio e il trasporto, anche per lunghe distanze, in camion frigo. Cosa ne rimane del valore nutrizionale di quell’insalata è presto detto: poco o niente. Eppure c’è chi è disposto a pagarla dai 13 euro al chilo in su.
Altri costi “accessori” nascosti nei prodotti confezionati li paghiamo in termini di salute. Pellicole trasparenti, vaschette, vassoi di polistirolo, linguette e scatolette, etichette e buste: sono tutti derivati della plastica e quindi lavorati con additivi chimici, che possono essere tossici o, addirittura, cancerogeni, provocare reazioni allergiche o perturbare il sistema ormonale. Non si tratta di rare eventualità, bensì della norma: se pensiamo che il 90% degli imballaggi alimentari è fatto con questo materiale, possiamo facilmente capire quanto quotidianamente siamo vittime inconsapevoli di queste sostanze.
Insomma, nella speranza che i dati Ismea siano presto ribaltati, questi sono 5 buoni motivi per dire definitivamente addio ai prodotti confezionati, almeno per quel che concerne la frutta e la verdura.
Ultimo ma non ultimo? Il prezzo del tempo. In qualsiasi casa svuotare ripetutamente i bidoni della spazzatura (soprattutto una volta rientrati dal fare la spesa) è pratica ordinaria e, almeno per me, estremamente noiosa.
Vivere senza supermercato mi ha permesso di eliminare questa seccante abitudine. E non è cosa da poco!
Elena Tioli nel 2017 ha pubblicato il libro Vivere senza supermercato (Terra Nuova edizioni) in cui racconta la sua avventura fuori dalla grande distribuzione organizzata.
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