Braccia donate all’Agricoltura

Manuel è nato e cresciuto a Roma, ha 25 anni, e da tre si è trasferito a Poggio Mirteto, un comune della Sabina a cavallo fra Rieti e Roma. Vive in una casa sotto un albero, in cima ad una collina. Si sta laureando in storia dell’arte, gli piacciono soprattutto il medioevo ed i longobardi, vorrebbe scrivere la sua tesi su Fara Sabina, cittadella medievale, e le sue strutture architettoniche e patrimonio artistico. Ma Manuel non fa il critico d’arte. Lavora per la Cooperativa Fattorie Sabine, nel caseificio e nell’orto biologico di sua ideazione e faticosa realizzazione.

La Cooperativa è di Marco, un passato da commerciante a Roma, un presente da produttore di formaggi caprini e mentore di giovani agricoltori, suo figlio Tommaso e Manuel, appunto.

Li vado a trovare un pomeriggio assieme a Paolo, il Gestore di un Alveare in costruzione, che sapientemente li ha scovati e “incastrati” in un incontro con me. Dopo una chiacchierata faccia a faccia con Marco in cui gli spiego come funziona un Alveare e perché li vogliamo nella rete, Manuel mi porta a fare un giro in azienda. A sentirlo non ci credo che sia relativamente un novizio del mestiere, ma come dice Marco, il lavoro gli piace, ed è facile imparare ciò che ci piace.

Le pecore sono circa 800, e ho la fortuna di arrivare al momento della mungitura.
Gli chiedo di spiegarmi il processo, e Manuel non delude:
Le tettarelle sono pulite quattro volte al giorno, una prima e una dopo le due mungiture, una alla mattina e una alla sera. I pavimenti sono lindi, non c’è quasi odore di sterco noto da cittadina quale sono. Le pecore che devono essere munte trovano naturalmente posto, 24 per lato, alla mangiatoia. Gli danno orzo o mais per farle stare tranquille mentre le mungono. Le più anziane ci vengono volentieri, all’ora giusta, neanche avessero un appuntamento. Le più giovani invece devono essere convinte: se ne prende una e la si piazza lì, tutte le altre seguono – come pecore, appunto.

Segue il giro in stalla, completo di informazioni sull’alimentazione delle bestie: al 90% mangiano ciò che viene prodotto in azienda – favino, erba, o paglia, e al 10% con mangimi biologici – mais o orzo. Perché i ruminanti sono molto delicati e devono ricevere un tot di proteine, un tot di carboidrati, pochi grassi – un veterinario che si occupa anche dei parti sta studiando assieme a Manuel una dieta ottimale. E infatti gli animali stanno proprio bene!
Chiedo a Manuel quanti ne muoiono per vie diverse dal macello: quasi nessuno, quattro all’anno a dir tanto, mi risponde. Mi porta a vedere gli agnellini di pochi giorni, ed i montoni. Mi spiega come riconoscere un buon montone dalla nascita: i testicoli, il numero di capezzoli (devono essere quattro, non due!), e l’apertura delle gambe: più sono allargate ad “A”, migliore è il montone. Che in un giorno può ingravidare fino a 100 pecore, una specie di macchina da monta- del resto, “montone” viene proprio da lì.

Gli chiedo se ne ricavano anche carne e lana. La carne la fanno macellare e poi la vendono direttamente in azienda. E vendono anche la lana, sebbene queste pecore (di razza sarda) non siano pecore da lana. Ogni anno in questo periodo arrivano nel Lazio e nell’Umbria una squadra di tosatori neozelandesi: 10 centesimi a pecora, e le contano sul pallottoliere. “La maggior parte” – mi racconta “sono aborigeni che camminano a piedi scalzi, parlano poco, e tosano una pecora al minuto, senza farle un graffio.” Mi fa venire voglia di tornare a trovarli, per assistere a questo spettacolo!

Infine mi fa vedere l’orto: 1,5 ettari di orto biologico, dove adesso spuntano le piante secche di fave, quelle fresche di zucchine, ed i germogli di pomodori. La sua ambizione è chiudere il circuito, e produrre i semi da sé: “ma ci arriveremo, piano piano”. Intanto, dopo soli tre anni di fatica (lavorano quasi tutto a mano, con qualche motozappatrice, ed un trattore per i lavori pesanti), e partendo da zero budget e completamente inesperti del mestiere, hanno messo in piedi un orto che rifornisce due grossi ristoranti settimanalmente, senza andare in perdita. E con dei prezzi decisamente popolari.

“La verdura la mettiamo attorno ai 2 € al kilo. Se vendessi ai mercati di Roma potrei darla via anche a 4,5 € al kilo facilmente. Ma secondo me non è giusto: il biologico non deve rimanere un discorso elitario. Bisogna educare le masse, spiegargli che è meglio risparmiare 5€ di benzina e spenderli in cibo di qualità, non comprare le schifezze del supermercato e piuttosto comprare frutta e verdura come si deve”. Sante parole!

Me ne torno in treno a Roma, contenta come una pasqua. Stasera ho gente a cena e voglio preparare un piatto nordico: pizzoccheri alla valtellinese. Tranne per il formaggio, un taleggio di pecora, che Manuel mi ha fatto assaggiare e fa davvero venire l’acquolina in bocca. Ed il vino, un rosso umbro chiamato “Contro Sole”, da uve cabernet sauvignon e pinot nero. L’ azienda agricola è “Il poggio” di Castiglione del Lago, una delle aziende che fanno parte della Cooperativa Fattorie Sabine.

Amo il mio lavoro perché mi insegna che la qualità della vita è data da poche, semplici cose: fare il proprio lavoro con passione, divertendosi. Essere sempre curiosi e non aver paura di andare controcorrente come Manuel, che si è buttato nell’agricoltura e che porta sempre un sorriso a testimoniare la convinzione nella sua scelta. Trovare dei buoni mentori, capaci di insegnarci, farci crescere, evolvere. Conoscere bei posti, belle persone, belle storie. E anche dal buon cibo e dal buon vino, perché no!

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Riguardo a

Paola Tamma

Laureata in Scienze Politiche a Edimburgo, capisce molto in fretta che le stanze del potere e le scartoffie burocratiche non fanno per lei. Meglio aria aperta, persone vere, progetti concreti...e soprattutto tanto buon cibo! Sportiva per natura, cuoca per passione, un po' idealista un po' no. Le piace molto scrivere, costruire biciclette e pedalare. Potete trovarla a Roma a sviluppare la rete dell'Alveare...oppure in viaggio, appena può.

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