La Pasqua da Zero

Ed eccomi in treno, riprendo un libro che avevo lasciato in sospeso da quasi un’anno. In qualche modo avevo anche bisogno di metabolizzare bene quello che avevo letto fino a quel momento.

Il libro è “The third plate, field notes on the future of food” di Dan Barber, in Italiano è tradotto da Francesca Pe’ e si chiama “La cucina della buona terra, Storie di passione per il cibo”.

“The third plate, field notes on the future of food” Dan Barber

“The third plate, field notes on the future of food” Dan Barber

Il tempo vola quando ci si diverte ed eccomi arrivare alla stazione di Milano. Scendo dal treno ed ho in testa le parole del libro sul frumento, sul pane, sulla incredibile diversità di aromi che può dare una farina…

Questi pensieri cominciano a prendere forma mentre torno a casa, ho voglia di assaggiare quelle “complessità”. Potevo farlo in maniera molto più semplice, fermandomi alla prima panetteria degna di questo nome e comprando una pagnotta di qualche pane “particolare” ma mi sarei perso certe sensazioni di cui avevo letto. Quindi, riposte le valigie, sono partito da zero: la prima cosa di cui avevo bisogno era il lievito.

Vado subito a ripescare vecchi appunti e sono pronto ad immergermi in questa nuova esperienza, forse è un po azzardato definire nuova una cosa che esiste da 4516 anni, pare addirittura che venisse usato già nell’antico Egitto, quindi diciamo nuova per me!  Mi era già capitato di usarlo ma mi era stato affidato o dato in adozione, mai avevo fatto nascere il MIO lievito naturale (o lievito madre).

Farina (200 g), Acqua (50 g) e una melannurca frullata (100 g) che viaggiava con me. So che quella mela non avrebbe dato in nessun modo “o’ sapore e Napule” al pane ma un po’ di magia in queste cose va conservata.

Così dopo sole due settimane, in cui ogni volta che il piccolo lievito triplicava il suo volume lo ri-impastiavo (pari peso di farina e il 50% di acqua), ecco vivo e forte il piccolo Zero (è il nome che gli ho dato) pronto per il suo primo impasto.

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Devo dire che si è comportato abbastanza bene ma dopo solo 2 settimane di impasti semplici l’ho voluto mettere alla prova con qualcosa di un po’ più complicato e voglio condividerlo con voi.

 

La Pasqua da Zero

La colomba a fermentazione naturale

 

Per  2 colombe da 750g avete bisogno di:

Per il 1° impasto:

  • 110gr di Zero o del vostro lievito madre
  • 355gr farina 00 forte (W 380 – 400 o una manitoba commerciale)
  • 100gr zucchero semolato
  • 90gr burro
  • 1 uovo
  • 3 tuorli
  • 145gr acqua

Per l’emulsione di aromi:

  • 30gr burro
  • 15gr miele
  • 30gr cioccolato bianco
  • La buccia grattuggiata di un’arancia
  • 1 bacca di vaniglia
  • 3 cucchiai di limoncello (è una mia variante ci vorrebbe l’amaretto).

Per la glassa:

  • 125gr farina di mandorle
  • 220gr zucchero
  • 120gr albumi
  • 25gr amido di riso (o fecola di patate)

Ingredienti 2° impasto:

  • 165gr farina 00 (W 380 – 400 o una manitoba commerciale)
  • 115gr burro
  • 120gr zucchero
  • 1 uovo
  • 5 tuorli
  • 30gr acqua
  • 4gr sale
  • 220gr arancia candita cubettata

Per guarnire

  • Zucchero in granella
  • Mandorle pelate
  • Zucchero a velo

Preparazione primo impasto:

Per prima cosa avete bisogno di un’ impastatrice, se non ce l’avete andate a comprare la vostra colomba in pasticceria e passate alla prossima ricetta.

Con l’impastatrice, con la foglia, spezzettate il Lievito Madre (senza schiacciarlo troppo) nell’acqua tiepida con un cucchiaio dello zucchero previsto. Lasciate andare per 3-4 minuti finché il lievito non sarà ben idratato (quasi sciolto nell’acqua)quindi unite l’uovo e una prima parte di farina finché non inizi a prendere le sembianze di un impasto; ora con molta calma mettete un tuorlo, un cucchiaio di zucchero, un cucchiaio di farina finché tutti non saranno esauriti e facendo riprendere corda all’impasto prima di passare al prossimo tuorlo.

Ammorbidite il burro e tagliatelo a pezzetti. Per ammorbidire il burro il modo più divertente e per una volta tanto anche il più professionale è prendere un foglio di carta da forno, metterci il burro sopra, piegare il foglio per coprire il burro e batterlo con il mattarello; ripiegare il burro e ricominciare a picchiarlo finché non crederete che ne abbia avute abbastanza.

A questo punto aggiungete il burro, in almeno tre volte, fermando la macchina di tanto in tanto per rigirare l’impasto.

Montate il gancio ed impastate fino a che l’impasto liscio e semilucido non vi lascerà almeno un po’ soddisfatti del lavoro fatto fin’ora.

Coprite la ciotola con la pellicola e lasciate riposare a temperatura ambiente per circa 12 ore. L’impasto dovrebbe triplicare.

Siete pronti per l’emulsione di aromi:

Sciogliete il burro ed il miele con la vaniglia e la buccia dell’arancia. Fuori dal fuoco aggiungete il cioccolato bianco spezzettato abbastanza piccolo e girate finché non sarà sciolto del tutto quindi aggiungete il liquore e girate ancora. Chiudete e riponete in frigorifero.

Per la glassa mescoliate tutti gli ingredienti senza montare e riponete in frigorifero, se ne parla tra dodici ore in attesa del primo impasto.

Pronti per il secondo impasto?

Rimontate il ganci,o fate riprendere l’incordatura al primo impasto. Versate l’acqua con un cucchiaio abbondante di zucchero e fate girare un po finché l’acqua sarà parte dell’impasto. Un bel cucchiaio di farina e riportate in corda. Si ricomincia, l’uovo e una manciata di farina e fate riprendere forza, quindi i tuorli, uno alla volta, con una parte di zucchero ed una di farina tenendo d’occhio l’elasticità, prima del successivo inserimento.

Con l’ultimo tuorlo, unite il sale.

Ora ammorbidite anche questo burro e aggiungetelo poco alla volta, facendo attenzione a non perdere l’incordatura acquisita e ribaltando di tanto in tanto l’impasto nella ciotola.

Riprendete l’emulsione di aromi e dopo averla ammorbidita versate poco per volta nell’impasto, per ammorbidirla posate immediatamente il mattarello! Datele una girata energica con una frusta.

Finiti gli ingredienti fate andare la macchina a velocità sostenuta finché non otterrete il cosiddetto “velo” (si controlla tirando e allargando l’impasto)

Bene, mancano i canditi! Buttateli nell’impasto e fate andare la macchina per pochissimo, giusto il tempo di distribuirli abbastanza uniformemente.

Lasciate riposare coprendo con la pellicola la ciotola per 30 minuti. Ora viene la parte difficile (come se fino ad adesso fosse stata una passeggiata) dividete l’impasto in due e arrotondate (è quella che si dice pirlatura, trovate diversi video su internet che spiegano come farla). Coprite ancora con una ciotola e lasciate riposare altri 30 minuti. Dividete ancora in 2 ogni porzione e spostate l’impasto negli stampi di carta: la prima parte che mettete comporrà le ali, la seconda va sistemata a croce sulla prima.

Coprite con la pellicola (io ho posizionato gli stampi sulla teglia da forno e ho fatto presa su questa per tirare la pellicola). Lasciate lievitare l’impasto finché non sarà arrivato ad un paio di centimetri dal bordo.

Levate la pellicola e lasciate riposare ancora le colombe per una decina di minuti. Mescolate la glassa, con una frusta e distribuitela sulle colombe con una tasca da pasticceria. Spargete le mandorle lo zucchero in granella ed abbondante zucchero a velo.

Infornate a 180° per 35 – 40′ quindi capovolgete utilizzando degli spiedini o ferri da calza e lasciate raffreddare (2/3 h).

Zero sarà anche giovane ma devo dire che dà già belle soddisfazioni.

Zero sarà anche giovane ma devo dire che dà già belle soddisfazioni.

Tagliate e gustatela ricordando che chi lavora col miele si lecca le dita.

Buona Pasqua a tutti!

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Riguardo a

Olmo Tomas

Nel 1984, a Napoli, sono successe tre cose da ricordare: l’uscita del film Cosi parlò Bellavista, la presentazione allo stadio San Paolo di Diego e la nascita di Olmo Tomas. Oggi è a Milano e si definisce “cuoco sapiens”, ha cominciato a forgiare la sua passione tra i fornelli di casa e quelli di Marchesi. Professionista e artista, colleziona esperienze in diversi campi come la fotografia e la scrittura, passando per l’arte della miscelazione. La sua missione oggi è quella di arrivare nelle cucine di chi ha voglia di ritrovare sapori semplici, tra reminiscenze del passato, storie contadine e un pizzico di genialità. Perché si sappia, chi lavora con il miele si lecca le dita.

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