L’anno dell’EXPO, l’anno delle opportunità, l’anno della rivoluzione del Food, sarà mica l’anno della svolta ?
Sono in molti a pensare che l’EXPO di Milano abbia concesso una vera ventata d’aria fresca ad un certo numero di tematiche, da tempo stagnanti, in Italia. Di certo una visione ottimista chiude un occhio sulla vera natura di questo fermento ma si sa : a caval donato non si guarda in bocca !
Il 5 agosto 2015 finalmente approvata la legge sull’Agricoltura Sociale. Sul sito del ministero delle politiche agricole leggiamo :
“Dotare l’Italia nell’anno di Expo di una legge sull’agricoltura sociale – ha dichiarato il Ministro Maurizio Martina – non è solo una buona notizia, è una grande opportunità e il riconoscimento del lavoro che migliaia di esperienze portano avanti ogni giorno sui territori”
Da quando l’agricoltura ha il diritto di definirsi sociale ?
Possiamo definire sociale un tipo di agricoltura che vuole essere uno strumento socio-lavorativo, messo a disposizione di lavoratori o persone che si trovano in posizione di svantaggio. In essa, nelle sue attività sociali e prestazioni per le comunità locali, si riscoprirà non solo il valore del lavoro come fonte di reddito ma anche una base su cui edificare i valori di una società più giusta, più coesa e sostenibile.
“Dopo anni di attesa – commenta il Vice Ministro Andrea Olivero – oggi abbiamo dato il giusto riconoscimento a quanti, con passione e professionalità, hanno saputo coniugare l’imprenditorialità agricola con la responsabilità sociale. […] Sono certo che questa legge aiuterà l’intero comparto agricolo a crescere nella sostenibilità economica, ambientale e soprattutto sociale”
In pratica ?
In Italia, l’AS prevede che le aziende agricole, cooperative sociali e altre organizzazioni del Terzo Settore lavorino in stretto contatto con i servizi socio-sanitari, gli enti pubblici competenti del territorio. Questo affinché le risorse agricole del processo produttivo multifunzionale vadano di pari passo con lo svolgimento di attività sociali finalizzate a favorire percorsi terapeutici, riabilitativi e di cura, a sostenere l’inserimento sociale e lavorativo delle fasce di popolazione svantaggiate e a rischio di marginalizzazione, a favorire la coesione sociale, in modo sostanziale e continuativo.
Cosa emerge ?
Cio’ che risalta è la volontà di valorizzare le identità locali e farlo attraverso la partecipazione di giovani e donne nell’intento di creare nuovi servizi, nuovi spazi di confronto con i consumatori e forme alternative di mercato.
Quindi gente, finché la barca va… bisogna trovare il modo per farla andare e il più a lungo possibile. Come dice il mio amico Saint-Exupéry :
“Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito.”
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